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que navigava il principe, e sperava di avere anche la casa con poco.
— Mi faccia una proposta, — chiese don Pio.
— Che vuole! lo stabile è grande, ma non rende nulla e non può servire altro che per giornale, e anche per giornale è incomodo; fu costruito in fretta, e se non si vuole che rovini, bisogna spenderci.
Mercanteggiava sempre, parlando con voce monotona, a fior di labbra come chi è indifferente e si lascia spingere svogliatamente a concludere un affare. Il principe s’impazientava e disse:
— Ma mi offra una cifra.
— Che so, un centinaio di mila lire, ma sono molte, perchè il giornale costa, il giornale divora i capitali e potrei rovinarmi.
— Vada per centomila lire, — disse il principe per farla finita, — ma il contratto si deve far subito e quella somma deve essere sborsata all’atto del contratto. Io parto e domani farò stendere l’atto di vendita.
I due contraenti si salutarono senza aggiungere Una parola, senza che il principe pensasse neppure di domandare all’altro notizie di Maria. In quel momento tutto taceva in lui; la paura solo della rovina e della miseria lo dominava.