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— E l’aiuto di dove viene? — domandò il principe.
— Di dove può venire se non da chi ha premura che i grandi nomi delle più illustri famiglie romane non sieno trascinati nel fango, da dove, se non da chi ha a cuore che tutto quello che rappresenta il passato e può rappresentare l’avvenire non perisca, non precipiti?
Don Pio non chiese altro, ma rimase esitante e pensoso fissando la madre come se attendesse da lei un consiglio, un suggerimento.
In quel momento di sotto al palazzo Urbani passava una compagnia di soldati, che recavasi al Quirinale a cambiar la guardia; passava silenziosa senza che la musica l’annunciasse. Quello scalpiccio di un centinaio d’uomini fece trasalire il principe, egli credè che i lavoranti stracciati, affamati, lividi dalla febbre fossero giunti dinanzi al palazzo chiedendo pane.
— Oh Dio! — egli esclamò mettendosi le mani sugli orecchi.
Il suono delle trombe dileguò subito quella impressione di sgomento e di paura nell’anima del principe. Ma se non erano giunti, potevano giungere da un momento all’altro e allora!...