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sei salvo, Pio, — ella aggiunse stendendogli la mano.

Il principe la fissava sbalordito, non la riconosceva quasi. La duchessa, sempre piangente, l’abbracciò e la baciò in fronte dicendole supplichevolmente:

— Camilla, salvalo!

Appena la principessa fu uscita dalla stanza, don Pio alzò le spalle con una mossa d’incredulità. Non era possibile che la moglie lo salvasse; e come doveva fare, lei così inetta, così incapace di pensare?

— Camilla vuol prolungare la mia agonia, Camilla è il mio tormento anche ora, — egli disse. — Sono perduto, rovinato!

Più del disonore che sarebbe ridondato su di lui se il giorno seguente non avesse potuto far onore alla sua firma, più di tutte quelle torture morali, che sogliono atterrire gli uomini minacciati dalla rovina, don Pio era intimorito dal fatto di quella banda di lavoranti, che veniva fino a Roma, fino al suo palazzo, a chiedergli il pane. La sua immaginazione gli rappresentava quei lavoranti stracciati, macilenti, gialli per la febbre, trascinantisi a fatica sulle lunghe vie della campagna, e gli pareva che si avvicinassero, che già fossero giunti e a ogni rumore egli sus-