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leva escluso dal Parlamento come rappresentante di un collegio di Roma.
Del resto, don Pio non aveva altri precedenti che questi. Figlio unico e erede di un grande nome e di un grande patrimonio rovinato, era rimasto orfano di padre nei primi anni dell’infanzia. Sua madre, mercè l’aiuto di un buon amministratore, che si diceva fosse vice-principe di nome e di fatto, aveva estinto gran parte delle ipoteche e preparato al figlio, che faceva educare nel collegio dei gesuiti a Mondragone, un avvenire ricco e senza fastidi. Don Pio, appena uscito di collegio, aveva corso la cavallina, e col pretesto di viaggiare, per dar l’ultima mano alla sua educazione, aveva girato il mondo in compagnia di una donna più anziana di lui, celebre a Nizza e a Parigi per la sua eleganza e per la disinvoltura con cui rovinava la gente. Da quei viaggi don Pio era tornato sfiaccolato, senza aver imparato null’altro che a vestirsi e a spendere. Cresciuto senza nessun ideale, senza nessun attaccamento nè all’antica causa dei papi, nè alla nuova causa dell’Italia, tornava a Roma dal suo viaggio quando la più grande rivoluzione del nostro secolo si era già compiuta. Quel grande fatto, che aveva afflitto così profon-