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questioni erano più benevoli col Gabinetto intiero e sognavano, sognavano tutti e due, alla caduta del vecchio Presidente del Consiglio affranto dagli anni e dai malanni, di far della Stampa l’organo ufficioso del nuovo presidente; ambizione quella comune a molti giornalisti illusi, i quali non sanno che il sussidio che ricevono per cantare sempre osanna non li compensa neppure della decima parte dei lettori che perdono. E così nell’amministrazione come nella direzione politica i due utilitari si erano ingeriti. Essi avevano licenziati diversi inutili corrispondenti, e lo scrittore letterario; avevano ristrette giudiziosamente le spese di telegrammi e non inserivano più nulla in cronaca senza esigere un alto compenso. Il giornale tirava 80,000 copie e poteva essere esigente.

Queste riforme che il principe sanciva con la sua indifferenza e il suo silenzio destarono il malcontento fra gl’impiegati d’amministrazione; alcuni se ne andarono, altri furono licenziati, e anche l’amministrazione, che Fabio prese sotto la sua speciale sorveglianza, non fu più così numerosa e così disordinata, e La Stampa potè farsi da sè largamente le spese e farle ai suoi vice-proprietari.

Per altro ogni volta che c’era da far fronte