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democratico, amico del popolo, intelligente a segno tale da capire i bisogni degli operai, buono tanto da desiderare di migliorarne le sorti. Così in virtù della campagna che La Stampa faceva contro il candidato dal Governo, competitore del principe, e molto in virtù del sor Domenico e degli amici di lui, che avevano tanto predicato in favore di quel loro apostolo della redenzione del popolo, don Pio ebbe una grande quantità di voti.

Ma non vi furono feste nè pranzi al palazzo Urbani per quel fatto; non volarono, come la prima volta, i tappi delle bottiglie di champagne.

— Perchè questa musica? — domandò la principessa udendo a un tratto durante il pranzo, sonare l’inno di Garibaldi nel cortile del palazzo.

— Mi hanno rieletto, — disse don Pio continuando sbadatamente a mangiare.

— Ma tu rinunzi, non è vero? — chiese donna Camilla.

— Non credo: che noia mi dà l’esser deputato?

— Rompi ogni legame con la tua vita di questi ultimi tempi, ritorna a fare il signore; rinuncia a quel recente passato, fallo dimenticare.

Le tradizioni di casta e di famiglia s’impongono; rispettale.