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E queste parole le uscivano dalla bocca con una intonazione di dolore vero e profondo. Come era pentita di aver proposto lei quel matrimonio, come si propone un affare; come rimproveravasi di non aver indovinato che quella donnina piccola, esile, dal volto pallido di morta aveva una tenacità di volere, un egoismo così grande che avrebbero distrutto il suo Pio!

Ora non c’era rimedio, bisognava sopportarla come una sventura. La duchessa era molto invecchiata negli ultimi tempi per quei dolori che inutilmente curava col massaggio e con tutti quei rimedi che i medici dei ricchi suggeriscono loro; ella non aveva più la bella energia che aveva conservata fino a tarda età, non aveva più la forza di paralizzare l’opera letale di donna Camilla; ma sentiva tanta avversione per lei che riusciva a manifestargliela in ogni modo: ora ridendo delle sue idee, ora rilevando le stupidaggini che ogni momento si lasciava sfuggire di bocca, ora vantando in presenza del figlio tutte le donne belle, serene, eleganti, le madri circondate da una forte e numerosa figliuolanza.

La principessa, educata al rispetto per la vecchiaia, taceva, ma una volta in camera