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— Che tormento che sei, Camilla! — disse il principe fissandola ancora per farle leggere nell’occhio la conferma di quelle parole.

Ormai il principe e la principessa non si usavano più riguardi di sorta; appena aprivano bocca la parola amara correva loro alle labbra, e la lasciavano uscire senza ritegno.

La sera essi ripartivano per Roma, e Giorgio e la cameriera, che li seguivano in un compartimento di prima classe, ridevano delle continue liti dei loro padroni. Carolina, che era una grassa romana dalla bocca sempre atteggiata al sorriso, e canzonava volentieri la sua padrona, compiangeva i viaggiatori, che erano accanto a quella tenera coppia nella carrozza Pulmann.

— Scommetterei che non possono dormire; la signora ha il diavolo addosso!

— E al principe dà di volta il cervello, — rispondeva il cameriere.

Donna Camilla peraltro durante il viaggio non potè sfogare la sua bile con parole, perchè don Pio dormì fino a Firenze. Prima di partire aveva preso una forte dose di cloralio, che gli aveva procurato un sonno pesante e angoscioso. A Firenze era sceso per far colazione, e al Buffet aveva incontrato il