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Don Pio si affacciò al finestrino, e mentre il treno faceva una breve sosta disse all’intendente, che cercava di aprire lo sportello:

— Aspettatemi fra qualche giorno, vi telegraferò; un affare urgente mi chiama a Firenze; non mandate nessuno a Roma. Se giungono telegrammi da casa, apriteli e rispondete a nome mio che sto bene.

— Non dubiti, Eccellenza, — rispose l’intendente seguendo il treno che già si era rimesso in movimento.

Don Pio aveva pensato a tutto e credeva di essersi assicurato alcuni giorni di libertà, ma nonostante non era tranquillo; gli pareva che il treno impiegasse un’eternità a percorrere quella landa deserta della maremma toscana e provava ogni tanto a chiuder gli occhi cercando di prender sonno, ma l’agitazione, l’ansia lo tenevano desto. Nella sua vita facile, spensierata di gran signore, non aveva mai trepidato come in quel giorno, non aveva mai avuto bisogno di sotterfugi per giungere là dove il capriccio lo trascinava. Ora non solo voleva giungere a Venezia, ma voleva giungervi senza esser visto da nessuno. Sarebbe stato per lui un gran dolore se un conoscente vedendolo alla stazione di Orbetello o di Pisa gli avesse domandato con