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suna carrozza entrava più rumorosamente nel cortile, la duchessa non riceveva più la sera, donna Camilla aveva sospesi i suoi giovedì, i servitori stanchi dell’inerzia dormivano tutto il giorno nell’anticamera. Don Pio era più stanco, più noiato di tutti per quella inerzia del corpo e della mente, ma non osava scoterla, tanto ogni movimento gli riusciva increscioso, tanto ogni desiderio, ogni speranza gli era morta nel cuore dopo che Maria non gli aveva inviato quel perdono che egli le aveva chiesto con un ardore, con una umiltà di cui non si credeva capace. Ora che gli rimaneva più dopo che quella consolazione gli era stata negata?
Noiato di una vita male spesa, disprezzando quel nome, quella posizione e quelle ricchezze che non gli avevano saputo cattivare un cuore di donna, don Pio provava il distacco da tutto, e se vi era una speranza che gli desse la calma momentanea, la pazienza per trascinare quel martirio, era lo stato della sua salute, consunta da un male di cui il professor Bonelli, il medico più celebre di Roma, non poteva dirgli in che consistesse, come si potesse sollevare. Don Pio sentiva ogni giorno più scemare le forze e guardava con compiacenza le mani scarne, che ave-