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mento, spuntarono le lagrime agli occhi vedendo la mano della moglie in quella del principe della Marsiliana, e volgendosi addietro gridò, come per dare l’intonazione alla folla che lo seguiva:
— Evviva il nostro candidato!
— Evviva! — rispose la folla. E il capo banda a un tratto troncò la marcia dell’Aida per incominciare l’inno di Garibaldi.
Una grande confusione regnava nella sala, aumentata dalla musica e dalla troppa gente che, volendo passare per recarsi nella terrazza coperta dalla pergola, lavorava di gomiti e spingeva quelli che le facevano resistenza verso la tavola principale, che era quella d’onore. Il sor Domenico, accorgendosi che il principe della Marsiliana era pigiato verso le sedie o doveva presentare le spalle per resistere all’urto, alzò la testa, la quale dominava la folla, e gridò:
— Ragazzi, fate largo!
Tanto quelli che erano assuefatti ad ascoltarlo, quanto gli altri che, forse per la prima volta, il caso poneva accanto a lui, ubbidirono a quella voce dolce, che aveva nel comando una intonazione di convincente preghiera, e intorno al principe si formò un vuoto.
Don Pio, volgendosi all’oste, gli disse sorridendo: