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perta sulle gambe, il berrettino sugli occhi e si affondava nella poltrona.

Quando il cosidetto viceprincipe andava ad avvertirlo che scadevano delle forti cambiali alle Banche e che non c’era come far fronte agli interessi, il principe rispondeva:

— Creiamo altre cambiali, — e firmava, firmava strisce di carta bollata, come avrebbe firmato una lettera di nessun valore.

Pareva che dopo quella sera dell’incendio una molla si fosse spezzata in lui e ora era una cosa inerte, senza volontà e senza energia.

Il Rosati, Ubaldo, il Suardi, i suoi amici stessi evitavano di andarlo a visitare, perchè pareva che fosse noiato di vederli, e quell’uomo che per il passato non poteva stare un momento in casa, che in una giornata stancava due pariglie di cavalli, faceva cento cose diverse o si vedeva per tutto, ora non si moveva più di camera, e nelle lunghe serate invernali non aveva altra compagnia che quella della madre dormente, di donna Camilla, che lavorava in silenzio alle rozze coperte per i poveri, e dell’Onorati, che parlava per isfogare la sua loquacità, ma non perchè don Pio lo incoraggiasse, prestandogli attenzione o rivolgendogli domande.

Il palazzo Urbani era divenuto muto; nes-