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importanti attiravano l’attenzione della città e del paese. Le cose si erano avverate a puntino secondo i calcoli dell’onorevole Carrani. Due dei cinque uomini politici che capitanavano i diversi gruppi del partito d’opposizione, erano andati al potere in una crisi ministeriale, ma proprio il Carrani era rimasto fuori, ed egli separatosi dai due antichi colleghi, ora ministri, li tacciava di fedifraghi e li combatteva nella Stampa con una violenza inaudita. Gli altri due, perduta ogni speranza, avevano rinunciato alla lotta. Così il giornale non era più l’organo di un partito forte e compatto, ma di un uomo bilioso, di un uomo che aveva dei rancori, dei risentimenti da sfogare, e li sfogava specialmente contro i suoi due amici saliti al potere, di cui conosceva tutte le debolezze, tutte le meschinità.

Se il principe si fosse come prima occupato del giornale, avrebbe trattenuto i furori del Carrani, avrebbe portato una nota di moderazione in tutta quella violenza; ma il principe non aveva più interesse a nulla, non leggeva neppur più la Stampa, e a Montecitorio non andava da due mesi.

Ogni volta che la madre lo spingeva a scotere l’inerzia, a uscire, egli rispondeva:

— Sono tanto brutto, — e si tirava la co-