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che aveva fatto vibrare nel principe la corda del sentimento, gli aveva imposto, a lui cinico, a lui miscredente, il rispetto per la virtù, la fede nella onestà femminile.

— Come ti riscaldi, Camilla, — disse la duchessa svegliandosi da un pisolino e sentendo la voce antipatica della nuora, che passava nell’aria producendo il suono di un frustino agitato con mano irata.

La principessa tacque e allora nel silenzio della stanza si udì il tic-tac affrettato, concitato dei ferri, che non era meno increscioso della voce della lavoratrice e ne rivelava lo stato irritante dell’anima.

L’Onorati taceva per non provocare un’altra discussione; il principe taceva fingendo stanchezza e sperando che lo avrebbero lasciato solo; e la duchessa, ora che non udiva più la voce della nuora, dormiva di nuovo placidamente.

Così rimasero un pezzo a far compagnia al fuoco che lentamente si spegneva, finchè l’Onorati capì che era tempo di andarsene, e la duchessa e la principessa, augurata la buona notte a don Pio lo lasciarono solo.

Allora egli, come se avesse rotto l’incantesimo che lo teneva prostrato, si alzò e di scatto buttando in terra la pelliccia e avvi-