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di don Pio. Egli capiva che anche se il principe fosse venuto a mancare, la Stampa aveva da campare floridamente di vita propria, poichè i capitali che vi aveva profusi, le assicuravano l’avvenire, se peraltro chi la dirigeva, aveva la pertinacia necessaria per rimanere sulla breccia, per combattere sempre, ed egli sentiva di possedere quella virtù. Questa sicurezza nelle proprie forze, queste vedute più larghe di quelle della comune dei suoi colleghi, gli davano la calma nel lavoro e gli permettevano di guardare quel povero principe della Marsiliana senza turbarsi.

Naturalmente Ubaldo parlò molto della moglie, esaltò il fascino della rassegnazione, della serenità di lei nella sventura, ne lodò le grandi virtù e disse che si stimava fortunato di averla per compagna; anche se tutto gli venisse a mancare e gli restasse solo la sua cara Maria, si crederebbe preferito dalla sorte.

Il principe lo ascoltava senza batter palpebra e in cuor suo diceva che Ubaldo aveva ragione. Anche lui si sarebbe stimato l’uomo più fortunato della terra se avesse avuta Maria per compagna, o anche per amica. Ora, in quella grande prostrazione i desideri tacevano