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chè l’Ubaldo, appena vide la moglie riavuta, ritornò imperterrito al lavoro e diresse la lotta contro i due ministri della Marina e di Grazia e Giustizia con quell’accanimento e con quell’acrimonia, che erano la forza del giornale d’opposizione. Un foglio ufficioso del presidente del Consiglio rispose a quel fuoco di fila con un solo articolo pieno di attacchi mal celati ad arte contro il principe della Marsiliana.
Ubaldo Caruso, non sapendo se ribattere o no quegli attacchi, andò al palazzo Urbani e come al solito penetrò fino nella galleria attigua al salotto di don Pio, e chiese di essere introdotto. Il principe, che aveva udito la voce di Ubaldo, ordinò che passasse subito, e quella preferenza non sfuggì a donna Camilla, che non si era mossa dalla poltrona alla quale pareva attaccata come un’ostrica a uno scoglio:
ella si convinse che don Pio, in mezzo a quella rinunzia a ogni attività della mente e del corpo, era sempre innamorato di Maria, e il pensiero di quella donna era l’unico che gli rimanesse.
Ubaldo aveva saputo dai domestici in quale stato di abbattimento fosse il principe, ma non credeva mai che la distruzione fosse così grande.
Non per questo si sgomentò come sgomentavansi i suoi colleghi per la malattia