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bassissimo, il suo bestiame, i suoi cavalli, allevati con cura, costavano somme enormi e non davano che uno scarso provento; tutto quello che per altri è sorgente di ricchezze, per lui, per lui solo era un mezzo per precipitare alla rovina. Pareva che tutti si fossero dati l’intesa per tagliargli a brandelli quel vistoso patrimonio che la duchessa Teresa aveva con tanta cura e con tanta pertinacia mondato dalle passività, dalle ipoteche e dagli oneri, pareva che egli fosse caduto nelle mani di una associazione di malfattori, che si fossero data la parola d’ordine per ridurlo sulle cinghie. Invece ognuno ubbidiva a un movente personale, e nessuno aveva rimorso di quel che faceva, poichè il principe della Marsiliana era considerato generalmente come un uomo destinato a essere spogliato, a essere ingannato. Rubare sfacciatamente a lui, era come coglier dell’uva in un campo aperto, esposto ai viandanti, non sorvegliato, non difeso da nessuno. Era questione di tempo; chi prima arrivava, prima prendeva, ma il campo era cosa di tutti, aperto a quanti avevano la fortuna di sfruttarlo. E così era nella Stampa. Il direttore della tipografia comprava, con i denari del principe, caratteri di lusso, inchiostro, torchi, motori, carta e portava tutto in