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con la sua bontà, la sua sommissione, la sua dolcezza, le fosse divenuta cara, indispensabile; e rimpiangeva gli anni trascorsi lontano da lei in una abbietta dimenticanza, come i più tristi della sua esistenza.

— Maria! Maria mia! — egli diceva di continuo fissandola, toccandola, scotendola.

Tutta la notte Adriana, il medico e Ubaldo vegliarono Maria e ogni momento giungevano il Suardi o Fabio Rosati a domandar notizie di lei, e portavano ragguagli desolanti sui progressi dell’incendio. I pompieri lavorando faticosamente, aiutati dai soldati, non potevano tentar altro che d’isolare il palazzo Urbani e la casa della Stampa dal teatro in fiamme; tutto era perduto, perduto irremissibilmente, e il principe, che aveva ripresi i sensi, si aggirava come un pazzo pel cortile, nelle vie che circondavano il palazzo e il teatro, asserragliate dai cordoni di militari, e guardava istupidito quelle braccia operose, che cercavano di salvare almeno i tesori artistici della sua famiglia, e la sede del suo giornale.

Quando il Rosati gli aveva detto che Maria, per isfuggire un pericolo ne aveva affrontato un altro, e che ora era quasi morente, egli lo aveva guardato senza dar segno