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di luce fredda illuminava da cima a fondo la sala del teatro mettendo in rilievo le dorature, gli stucchi, gli affreschi della vôlta, le stoffe delle drapperie, il ricco telone, tutta quella profusione di ornamenti, tutta quella ricchezza che dava alla sala l’aspetto di un luogo incantato.

— Evviva il Prince charmant! — gridò Adriana battendo le mani.

— Evviva l’autore del teatro! — gridò il Suardi.

Gli evviva non finivano più. Soltanto Maria rimaneva muta, pareva abbagliata da tutta quella luce, da tutta quella ricchezza; rimaneva muta perchè il cuore le diceva che un uomo che fa tutto quello per appagare il desiderio di una donna, non si rassegna a rinunziare a lei, non può rassegnarsi a non cercare con ogni mezzo di conseguire il premio che ha sperato.

— Non le piace? — domandò don Pio a Maria, sentendosi offeso da quella freddezza.

— Sono sbalordita, — rispose ella chinando a terra lo sguardo per trovare un punto meno splendente ove posarlo.

Intanto l’ingegnere era salito per domandare al principe se era contento della illuminazione.