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signora del diciottesimo secolo. Nelle cantoniere, sui mobili era tutta una profusione di gruppi di biscuit di Capodimonte, di porcellane di Delft e di Sèvres, di bronzi, di miniature, di ninnoli rari e preziosi, mentre dalle pareti pendevano due Greuze autentici, due quadretti che non avevano prezzo.
La sola cosa moderna che si vedesse in quel salottino, così fedele a un’epoca sparita per sempre, era un largo divano su cui era gettata una pelle d’orso bianco, una pelle di un candore e di una morbidezza tali da ricondurre la mente alle regioni polari, alle nevi immacolate.
Don Pio osservò tutto minutamente, ebbe cura di guardare se nella parte inferiore delle cantoniere erano collocati i servizi da thè e da liquori, se vi era il ramino d’argento, se quei mobili erano forniti di quanto può occorrere a una signora per improvvisare un piccolo ricevimento a pochi amici, e poi sedutosi sulla pelle di un bianco immacolato, sognò voluttà tali che lo facevano fremere e davano le vertigini a lui, per il quale la vita del piacere non aveva misteri.
Snervato da quello sforzo della immaginazione, don Pio uscì mettendosi in tasca la chiave di quel salottino, e andò girellando da