Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 168 — |
— Che cosa mi risponde, che speranze mi dà? — le domandò il principe appoggiandosi alla spalliera della poltrona su cui ella era seduta, e sfiorandole quasi con la bocca i capelli.
— Non ho altro che una preghiera da rivolgerle, — disse Maria senza togliere gli occhi dal libro. — La prego di dimenticarmi e di riportare sulla donna che soffre, sulla donna che ha diritto di essere consolata, il suo pensiero e il suo affetto.
— Questa non è una risposta, — disse il principe, — io domando di essere consolato ed ella aggrava la mia afflizione rammentandomi dei doveri incresciosi.
— Allora, — disse Maria alzandosi, — io non le parlerò più dei doveri suoi; le parlerò di me, della mia tranquillità, del rispetto cui ho diritto, e che ho saputo meritarmi a prezzo di grandi sacrifizi.
Allora le dirò che voglio non si occupi più di me.
— È impossibile, — disse il principe.
— Quello che pare a lei impossibile, lo renderò possibile io, allontanandomi.
— E suo marito?
— Mio marito ignorerà tutto; io saprò trovare dei pretesti per lasciar Roma, senza turbare la sua pace, che mi è cara, senza porre ostacoli alla sua operosità.