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signora al marito con voce leggermente nasale, andando verso lui dopo aver accompagnato all’uscio le suore.

— Sai che io voglio in ogni modo esser deputato e che sarebbe un’onta per me se col mio nome, col mio passato, con le mie aderenze e i miei mezzi non riuscissi a essere eletto!

— Non le capisco certe vanità, — diss’ella alzando gli occhi al cielo. — Quando uno si chiama Urbani non ha bisogno di tenere a un titolo che il popolo può conferirgli, e può anche ritorgli.

— I tempi sono cambiati, bisogna camminare con essi se non si vuol restare schiacciati e soffocati appunto da questo pondo grandissimo che il passato ci ha posto sulle spalle; bisogna far qualcosa noi pure per esser degni degli avi.

Il principe pronunziava queste parole con voce monotona, senza nessun sentimento, come una lezioncina imparata a mente. E infatti da quindici giorni la ripeteva di continuo a sè stesso per dirla in ogni occasione.

La principessa lo ascoltava a testa bassa, come se riprovasse quelle massime.

— Dunque che cosa vuoi? — gli domandò parlando sempre con voce nasale e a denti