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strada laterale al palazzo, fosse composta all’amichevole, e che il Municipio pagasse per l’espropriazione di una striscia di terreno due milioni sonanti, che avevano coperto le spese di costruzione, e le spese vive del giornale, senza che il patrimonio Urbani ne risentisse nulla.

Incoraggiato da quel primo successo, don Pio non sognava altro che speculazioni. Ubaldo gli aveva fatto intendere che Roma doveva prendere maggiore sviluppo edilizio, gli aveva fatto intravedere che a Roma sarebbero accorsi abitanti da tutte le parti d’Italia, e che conveniva preparare abitazioni per questa nuova popolazione. Don Pio non aveva fatto il sordo; aveva comprato ovunque, e specialmente fuori di Porta Portese, dove nel progetto che sostenevano col giornale, avrebbe dovuto sorgere la nuova stazione ferroviaria. E non solo aveva comprato terreni, ma aveva messo mano a costruire diversi villini, dentro un parco cinto di mura, villini che guardavano il Tevere da un lato e avevano allo spalle il Gianicolo. In questo disegno di acquisto di terreni, di costruzione di grandi case operaie, e nello stesso tempo di case signorili, don Pio era sostenuto da Fabio, il quale aveva un fratello ingegnere,