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— Come me, — osservò scherzando la duchessa.

E l’Ubaldo ridendo a denti stretti, rispose:

— Precisamente.

— Sfiducia che io non divido, — osservò l’onorevole Carrani, che era accusato appunto dalle persone d’ordine, di far l’occhiolino a quel partito.

— In fatto di religione, — continuò Ubaldo accomodandosi la lente e senza badare alle occhiatacce che gli lanciava Fabio, — bisogna combattere il Papato con le stesse armi con cui si combatte il governo; far morire la fede screditando chi la predica.

La principessa della Marsiliana, cui nessuno fino a quel momento aveva badato, si era alzata, e, inchinando leggermente la testa, pallida in volto come una morta, si avviava per uscire.

— Camilla! — disse il principe con voce di rimprovero.

Fabio Rosati era balzato in piedi e accompagnava la principessa, senza che ella neppur lo guardasse. Un servo corse a spalancare la porta e la richiuse dietro a lei.

— Mio Dio, che cosa ho mai detto? — domandò Ubaldo guardando in faccia tutti i commensali.