Pagina:Periodi istorici e topografia delle valli di Non e Sole nel Tirolo meridionale (1805).djvu/75

la cura di tali animali; ma non si rinvenne, che un disperato rimedio, il quale fu, che gl’ infetti tosto si ammazzassero, e quelli, le cui carni non si trovassero abbastanza sane, si sotterrassero, o in tutto, o in parte. Questo esperimento fu fatto nelle provincie Belgiche, e dal calcolo apparì, che più della metà si salvò in confronto di quelle provincie, che tentarono di curarli. Questo consiglio fu insinuato anche nelle nostre Valli, e nell’ anno 1800, in cui di nuovo si provò questo flagello, si conobbe, che tra due mali questo era il minore. Per altro si ritrovarono de’ buoni preservativi, come, subito che in un villaggio si manifesta il male, farne la separazione, e nemmeno prevalersi delle pubbliche fonti per abbeverarli; le persone destinate al servigio degli animali non frequentare le stalle infette, acciocchè la lana del vestito non riceva quelle putride esalazioni; sventolare le stalle; usar profumi di aceto, sale nel fieno, erba rinfrescante; esentarli da soverchie fatiche; attaccarvi sacchetti al muso impregnati di aceto con entro l’ assinzio, e bache di ginepro; tener nette le stalle dal soverchio concime, e questo anche coprirlo di calce viva per impedire le esalazioni, ed imbiancare per fino le stalle. Abbiamo creduto convenevole inserire queste esperienze, la notizia delle quali potrà esser utile in casi consimili; tanto più, che certi studiosi di medicina poco conto fanno della veterinaria, quando pure preservando gli animali domestici gran servigio si presta alla società, e si allontanano pericoli di malattie negli uomini. Mancando per questo malore i bovi, nella coltivazione della campagna chi si ajutò colle braccia, e chi si provvide di cavalli da tiro, finchè verso l’ autunno il male quì cessò.

Non bastò il danno negli animali, che in primavera di questo anno si manifestò anche negli uomini un’ epidemia di carattere putrido convulsivo. Rimanevano nel Tirolo ospedali militari, e li ammalati non potevano che mandare morbose esalazioni; e tanti cavalli, ed altre bestie non abbastanza profondamente sotterrate, principalmente lungo le strade regie, riscaldandosi in primavera la terra, fermentavano. In molte persone i timori cagionati dalla guerra, e dalle invasioni, congiunti col rammarico de’ danni sofferti, ed il ritomo di tanti bersaglieri ammalati che portavano alle loro case i funesti effetti di strapazzi, e di disordini; tutti questi motivi influirono ai mali epidemici che serpeggiarono nelle città, nelle ville, e nei monti, e mandarono al sepolcro migliaja di cittadini talmente, che nel tratto Attesino venne sensibilmente a mancar la popolazione, ed in conseguenza notabilmente soffrirne l’ agricoltura, non avendo questo male risparmiato nè sesso, nè età.

La regola di preservarsene era un regolato metodo di vivere, e l’ uso moderato del vino: per chi veniva assalito dal male, giovava, se subito si faceva uso di emetici, acidi, e vegetabili rinunziando all’ uso delle carni. Era così maligna questa epidemia, che quelli, che guarivano, perdevano la maggior parte de’ capelli, e si ebbe la precauzione in più luoghi di dispensare i convalescenti dal convenire alle chiese, acciocchè il loro intervenimento non fosse a loro stessi, o ad altri nocivo; finchè l’ influenza