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Giovanni Pirro Pincio de Vitis Trident. Pontif. Lib. V. pag. 39 a tergo stampato l’anno 1546 reca un passo dell’Anaunia, che gli antichi la chiamavano un granajo della Città di Trento. Ma ciò non potrebbe asserirsi de’ nostri tempi, in cui sono più gli anni, ne’ quali generalmente manca di grani, di quei, che ne abbia d’avanzo. L’accrescimento del popolo, e la dilatazione delle viti, e de’ gelsi nella campagna ne sono la cagione, ond’è, che da pochi anni si è messa in alcuni luoghi in uso la seminazione delle patate con buon successo.

Antichissima è la coltura delle viti usata da’ Reti popolatori, per quanto si può sapere, di queste Valli. Questo prodotto però non è generale, ma riserbato a certe pievi meridionali, dove pure la coltura è dispendiosa per il concime, col quale conviene riscaldare la frigida terra. Altrove, o la vite non resiste al freddo, o l’uva non matura.

Si principia a coltivarvi del tabacco, che riesce buono, quando è invecchiato. Si raccoglie del canape, e in Val di Sole molto lino. Fra gli alberi fruttiferi i più comuni sono le mele, ossia pomi di varie spezie, come pure pere, così d’estate, che d’inverno, dove crescono le viti.

I prati non sono proporzionati alla campagna, motivo della mancanza di acqua per innaffiarli, e manca a questi popoli la cognizione di fare de’ Prati artifiziali, che in tanti altri Paesi riesce assai utile. Ne’ migliori siti si segano tre volte all’anno, negli altri due, e nel monte una volta.

Molti, e vasti sono i monti con prati, che rendono fieno ottimo per il bestiame bovino, con malghe, nelle quali si alberga il bestiame, e con selve di varie spezie di alberi, cioè quercie, faggi, frassini, larici, pini, abeti, picce, ossia pezzi, olmi, tigli, ed in qualche sito il timo, o cirmo; ma di dispendiosa tradotta per molti villaggi. Alcune Pievi non pertanto fanno non indifferente traffico di pali, ed altro legname per le viti, con molta fatica conducendolo per la Mendola, e per la Rocchetta nel tratto Attesino. Ne’ luoghi più alti generano camozzi, e ne’ più bassi cervi, orsi, tassi, lupi di due sorta, martore; in Pejo anche marmotte: alle falde lepri, diminuite però dalla moltitudine delle volpi, e dall’avidità de’ cacciatori. Vi sono volatili di primo rango, cedroni, cotorni, francolini, galli, e galline selvatiche. Nelle montagne più basse pernici, beccaccie, gardene, tordi, merli, ed altri uccellami piccoli nella campagna. Ne’ monti più alpestri crescono vegetabili aromatici, la genziana, da cui si estrae l’acquavite, carlina, manuchristi, gariofilata odorosa, testicolo di cane, bacchera aromatica, e in qualche luogo l’azzaro; l’imperatoria, l’antora, valeriana silvestre: fra le venefiche l’acconito napello, ed altre cinque spezie d’acconiti, e la cicuta. In alcuni monti vi si raccoglie della trementina di larice, dell’olio, ossia balsamo d’abete, e in molti luoghi caldi, ed argillosi ritrovansi delle vipere.

Nella Valle di Non assai meschino è il regno de’ fossili. Se ne scavano delle pietre alla Mendola, ma tenere, e poco resistenti all’intemperie; più consistenti sono a Salter, e a Tavon pieve di San Zeno: a Tres pieve di Tajo son le migliori, ma marmorizzate rendono un verde oscuro,