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precipitando dalla serra sopra la quale s’inarca con ardita volta il ponte Cornichio che campeggia fra le macchie de’ boschetti. Passeggiando il viale ombreggiato da castagni d’India si giunge al ponte del Fersina, da dove fra lunga riga di pioppl si scende alla città.

Precedono allo ingresso varii fabbricati; il più notevole è il civico ospitale pressoché rifatto da capo a fondo. La costruzione è regolare, comoda e condotta con molta proprietà. I cronisti parlano d’un antico spedale di S. Croce (fra il 1173 al 1183) situato non lungi dall’attuale ex-convento de’ cappuccini, che ora trovasi aggregato a questa pia fondazione. A fianco dell’arco a tre porte per cui si discende al Camposanto sorgono due vasti edificii industriali, il filatoio de’ Ciani, e la filanda de’ baroni Salvadori.

Il camposanto di Trento è un opera magnifica che veramente onora la nostra età. Chi di noi ricorda quel desolato campo di croci ove non penetrava pensiero gentile e l’animo si aggelava sulla soglia offeso dal nudo squallore della morte, osservando ora la fuga delle colonne che sorreggono il maestoso porticato di cinta, e tutto l’aspetto del cimitero mitigare colla pietosa ricordanza dei viventi il dolor degli estinti, non può a meno di congratularsi colla patria. Le colonne che sopportano il portico sono di marmo bianco, d’un solo pezzo, d’ordine dorico. Il buon gusto delle prime lapidi apposte sopra le edicole servì d’esempio a non deturpare lo stile del tutto, e sono di buona scuola le membrature ornate d’ovoli, i festoncini ed i fregi sparsi sulle lapidi. Molte ne scolpirono il Barelli e lo Spiera, ed è del Varner la lapide di marmo di Carrara dedicata alla famiglia de’ baroni Bertolini di stile bramantesco, rappresentante nella parte inferiore due diramazioni di foglie d’acanto, dal seno delle quali escono due cornucopie. La decorazione circoscrive lo stemma