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la freschezza dei colori, che dopo tanti secoli non patirono alterazione di sorta. Chi li vuole di Giulio Romano, chi del Romanino. La quantità dei quadri conservati, le forme singolari ed antiche de’ mobili, l’aspetto severo dell’edificio comunicano allo insieme un non so che di strano, di romanzesco e di claustrale.

Se uscite da porta Aquileja (dell’Aquila) o da porta Nuova vi si apre davanti Piazza d’Armi, alla quale fanno ghirlanda i colli, i casini, le spalliere, gli orti; agiatissimo teatro a ogni maniera di feste popolari. La inchiudono il convento delle Suore della Carità, gli stabilimenti Cristellotti e Paor destinati ad uso di bagni, varii recenti fabbricati costruiti con buon gusto; verso settentrione qual fondo della scena si presenta la parte posteriore del castello, e spicca sul colle il convento dei frati cappuccini. Nel margine superiore la circonda con molta grazia la balaustrata a semicerchio che fiancheggia la via Nuova, simile a loggia sovrastante all’anfiteatro. Se vi ricreate di paesaggi e di situazioni romanzesche non trascurate d’internarvi nell’angusta via che porta ai mulini della città, e al convento dei frati minori riformati situato su amenissimo poggio. Compartiscono a quel romitaggio un non so che di soave e di melanconico i piramidali e fosco-verdi cipressi che l’attorniano sul monte. Sotto a quelle ombre silenziose respira la pace. Il convento è provveduto d’una ricca biblioteca, dove si conservano i pazienti lavori del P. Giangrisostomo da Avolano, e del P. Bonelli da Cavalese, il più diligente cronista del Trentino. Que’ buoni cenobiti vi faranno conoscere la sua imagine fra quelle d’altri benemeriti Padri, che pendono nel refettorio. Dechinando dalla comoda scalea del cenobio spalleggiata di annosi bagolari, a mezzo di un andito si riesce sulle grosse barriere che proteggono la città dai guasti del Fersina. In quel seno romito romoreggia il torrente