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giardini sparsi di fiori, di frondi e di frutteti, abbelliti di statue, rallegrati da getti d’acqua. Si scoprono appena le vestigia della gran sala col soffitto intagliato e screziato d’oro, della cappella istoriata di affreschi, delle stanze coi pavimenti di maiolica; fino nei corridoi, nei camini, nei granai, nelle cantine v’era fasto, eleganza e grandezza. Questa regia, già delizia di principi, or par che dica: fui e non son più! In questi ultimi tempi si diede il bianco alla facciata, deturpando la veneranda maestà dell’architettura, tanto che veramente pare un sepolcro imbiancato! Mirabilissimi affreschi del Romanino, di Giulio Romano, del Brusasorci, e d’altri insigni artisti parte sconciati per l’umidità, parte raschiati, si vedono spiccare dalle vôlte e dall’alto delle pareti, poveri avanzi d’un grande naufragio! A giudizio del Selvatico gli affreschi che coprono le vôlte della scala che mette al primo piano, come pure quelli che adornano il corridoio sarebbero lavori del Giorgione.
La Tor verde in riva all’Adige pria che si praticasse il taglio, trovasi congiunta all’edificio a mezzo di un braccio di mura, così chiamata perchè è coperta di tegole di questo colore. La sua forma bizzarra, e la corrosione del bugnato operata dai secoli induce nel sospetto che possa appartenere a un’epoca più antica che quella della torre rotonda.
L’Archivio principesco e vescovile, ricco di preziosi manoscritti, trovasi attualmente in Innsbruck. Però molti documenti furono riprodotti nei volumi del P. Bonelli, e moltissimi ne trascrisse di propria mano il Vescovo Principe Felice degli Alberti, i cui manoscritti conservati dal diligente collettore Mazzetti, si trovano ora nella biblioteca di Trento.
Il castello, già residenza dei principi vescovi di Trento, ora è convertito in caserma.