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vare il basamento del Duomo, poco fa messo allo scoperto, e le porte degli antichi edificii sorgono a mezzo dal suolo, il quale innalzamento dell’area non dobbiamo ascriverlo soltanto all’opera del tempo, ma ben anche alle periodiche innondazioni dell’Adige, e ai ciottoli scondotti dal Fersina che in addietro lambiva di presso la città. Non è dunque affatto vana l’espressione del cronista Mariani, che la città di Trento è sovrapposta ad un altra, cosa propria di tutte le storiche città italiane.

A mezzogiorno la città si allunga col borgo di S. Croce verso il torrente Fersina, ad oriente discende la nuda scogliera delle Laste abbellita ai fianchi, al sommo e nei dintorni di piacevoli vigneti e casini; a settentrione, circoscritto tra le pareti della vicina rupe e il vecchio alveo del fiume, v’è il borgo di S. Martino, e da questo borgo fino a porta Aquileja sorge la maestosa mole del castello del Buon Consiglio, che murato sul vivo macigno sovrasta imperioso a tutta la città. Chi si appressa a Trento dal lato settentrionale forse sarà sorpreso da una sfavorevole impressione osservando il semicerchio esterno del borgo di S. Martino, che spoverito dell’onda animatrice dell’Adige mostra le squallide abitazioni dei disagiati borghesi; però vogliamo sperare che quella vista sparuta sarà di breve durata, in grazia dell’ingenita tendenza che muove i Trentini a rendere appariscente la patria. Si considera pure qual borgo adetto alla città, il villaggio al di là del fiume al piede del colle Dos Trento, di nome Piè di Castello.

Si entra nella città per cinque porte; nel cinto delle mura se ne aprono tre; la porta Aquileja ( volgarmente dell’Aquila ) sormontata da una torre quadrilatera, che mette sulla via Nuova alla volta di Pergine, e per la valle del Brenta a Bassano; la porta Nuova, così chiamata, perchè fu aperta in tempi posteriori, e conduce ai mulini della città e al convento dei Frati