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nissima scienza il sacerdote Porta, e il nobile Michele de Sardagna che appunto ci fu cortese di questi cenni sulla vegetazione del bacino di Trento.
Fra campi fecondati dall’agricoltore non si spiega il regno della bella e semplice natura, e l’agro trentino solcato da innumerevoli fosse, intersecato da strade, ci presenta gli sforzi dell’industria coltivatrice in lotta cogli elementi. Raccolte quindi lungo il margine delle fosse il Butomus umbellatus, Cyperus fuscus, e glomeratus, le Carex stricta, acuta, vesicaria, Leersia orizoides, Veronica Anagallis, Berula angustifolia, e la natante Nymphaea alba compagna del Nuphar luteum, e dell’Hydrocharis Morsus ranae, cercheremo ne’ campi di biade il Lathyrus Aphaca, e l’hirsutus, mentre l’arena dell’Adige dà ricetto al Cerastium glutinosum, Viola arenaria ed all’Impatiens Noli tangere. Più avara è la pianura al mezzodì della città, e se il botanico chiede dell’Alsine Jacquinii, Scropularia canina, Bunias Erucago, Diplotaxis tenuifolia volgasi ai muraglioni bagnati dal Fersina, oltrepassati quali la flora gli si presenta d’un aspetto molto squallido.
I colli offrono una ricchissima e rara dovizie in fatto di piante. Saliamo Doss-Trento, quella rupe che più d’ogn’altra ci ricorda Trento Romana, e lungo il tortuoso pendio, che si apre fra le ultime case di Piedicastello, troveremo il Lathyrus setifolius avviticchiato all’Avena fatua, mentre ai piedi del Cytisus sessilifolius rosseggia il Lamium Orvala. La Festuca rigida, ed il Muscari comosum popolan le basi delle roccie lussureggianti di Centranthus ruber e d’Opuntia vulgaris.
Ameni querceti proteggono coll’ombre lo Hieracium Nestleri, la Fritillaria montana, l’Orchis pyramidalis, mentre i luoghi aridi son vestiti della Carex Schreberi. Negli incavi occidentali del dosso sorprende la rara Ephedra distachya assieme all’Hutchinsia petraea,