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In camicia, cogli occhi infossati, coi capelli arruffati, sparuti e color di cenere, quei bambini andavano in cerca della mamma, e la loro voce sempre più languida ed infiochita era un gemito che passava l’anima. Guidati da una specie d’istinto, arrivarono là dove ancor giaceva il cadavere della povera donna. Nella loro ingenuità credettero che ella dormisse, e: — Su, mamma! — le gridavano — su, svegliati! Andiamo a casa, mamma! La Natalia non è venuta a vestirci: nessuno è stato da noi.... Nessuno ci ha dato niente! Mamma, su via, muoviti una volta!

Oh, se a quella scena straziante fosse stato presente il padre loro!... Forse tornerà un giorno, dopo chi sa quante sventure, a rivedere i suoi monti nativi, a rivedere questa povera terra tradita. Egli tornerà!... o dinanzi al villaggio desolato dalle fiamme e dalla rapina, dinanzi alla smantellata fortezza1, sulla pianura che dicono Campo, una piccola croce di legno gli additerà il luogo dove giace la martire, la santa creatura, che era la gioia più cara della sua vita.

  1. La fortezza, opera di un semplice privato, era tale, che meritò di esser tenuta in pregio da Napoleone. Da uno dei discendenti Savorgnan era stata donata alla Repubblica Veneta, perchè diventasse baluardo italiano contro le irruzioni del Nord. Il donatore benemerito fu sepolto nel giardino in vetta al colle fortificato.