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avesse potuto fare altrettanto e provvedere un po’ di pane a’ suoi morenti bambini!... La disperazione, la fame, l’amore di madre vinsero la sua naturale timidezza, e s’accinse a tentare anch’essa la fuga. Oramai non v’era altro mezzo. Lì sarebbero morti indubbiamente di fame! Non v’era speranza di soccorso dai meglio provvisti, ché l’istinto della propria conservazione aveva chiuso tutti i cuori. Il pianto prolungato dei fanciulletti, che chiedevano da mangiare, era diventato martirio insopportabile. Risolse quindi di passare oltre le file dei soldati per procurarsi ad ogni costo un tozzo di pane. Coll’ultimo pugno di farina aveva apparecchiato un po’ di cibo ai bambini che si erari messi a mangiare, ma ella piangeva. Il più grandicello se ne accòrse, e, lasciato il cucchiaio, s’arrampicò fra le sue braccia e si mise a baciarla, mentre colla pezzuola che copriva le spalle e il seno di lei, s’ingegnava di asciugarle le lagrime.

— Non hai più fame, Vigino? — chiese la donna colla voce soffocata.

— Si che ho fame! Ma tu piangi....

— Or via, cuor mio, finisci di cenare, e poi andremo a far nanna; ma prima diremo insieme le orazioni.

— Anch’io le orazioni, mamma, anch’io! — balbettò con la bocca piena l’altro piccino.

— Anche tu, sì, stasera, perchè domani io vado fuori e voialtri dovete essere buoni e dormir quieti nel vostro lettino finché non venga a vestirvi la nostra vicina Natalia.

— Ci farai dire l’orazione lunga? quella per il ritorno del babbo? — Ella non rispose; ma preso in braccio il piccino, sali le scale piangendo, mentre Vigino attaccato alla sua