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dell’irreparabile destino! Si abbracciarono piangendo; si divisero mute, senza neanche potersi dire quell’addio, ch’entrambe sentivano sarebbe stato l’ultimo quaggiù sulla terra. Rientrata in casa, la Rosina si rimise a sedere e a ripensare al passato. Due fanciulletti, vispi ed allegri, vennero a scherzare ai suoi piedi ignari della loro sorte. Si arrampicavano sulle sue ginocchia, volevano ogni tanto baciarla, ed ella andava accarezzando or l’uno or l’altro, mentre le sue lagrime cadevano sulle loro candide fronti. Un vento impetuoso s’era intanto sollevato, il tuono si faceva sentire più frequente e più rumoroso, e, ad intervalli la finestrella, che dietro al focolare guardava verso la montagna, appariva illuminata dai lampi. Alcune grosse gocce di pioggia cominciarono a battere sui vetri, e ad un certo punto la porta si spalancò con impeto lasciando entrare come un’ondata della bufera che imperversava di fuori. — Che cattivo tempo! — gridavano i fanciulletti; e la donna corse a chiudere le impòste ed accese un lumicino; poi si mise di nuovo a sedere e pareva ascoltasse con una specie di segreto compiacimento lo scroscio della pioggia che cadeva a torrenti, l’urlo del vento e il brontolìo dei tuoni. Pensava all’amica, e la speranza che quel temporale valesse a proteggerne la fuga, l’aveva per un momento rianimata. Il lumicino non bastava a rischiarare tutta la stanza piuttosto vasta; ma illuminava le teste amorose dei fanciulletti, quella melanconica di lei, e poi dolcemente si perdeva nel buio lasciando bensì apparire abbastanza chiara una delle quattro pareti dove una mano esperta aveva effigiate alcune persone di grandezza naturale. Rappresentava una specie di corteo nuziale, e la sposa rassomigliava perfettamente la bella persona della padrona di casa,

Percoto. 6