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fiore appassito; l’altra era una bella fanciulla vivace, sorridente, dalle guance fresche come pomi, ma solcate da una lagrima. La fanciulla aveva deposto sulla tavola, vicino all’amica, un cestino d’uva e una salvietta piena di farina.
— È l’ultima uva della mia pergola — diss’ella — e la porto a’ tuoi bambini: io non ne ho più bisogno. Esci un momento con me, Rosina mia, e vedrai che non ti dico bugie. —
E presala per il braccio la forzava dolcemente a uscir seco nel cortile. Il sole era vicino al tramonto; un fascio di nubi tenebrose occupava la cima del monte di Pèonis; alcune ondate di nebbia s’alzavano dal Tagliamento, e su, per la brulla schiena della montagna, andavano ad agglomerarsi a quelle nubi entro le quali ogni tanto guizzava un lampo.
— Guarda: — disse la giovinetta — stasera, senza dubbio, farà temporale; io allora non avrò paura dei soldati; uscirò dal villaggio, andrò a Udine, mi metterò a lavorare e non morirò più di fame!
— Oh! Se io non avessi quelle due meschine creature.... — mormorò la povera madre.
— Senti, Rosina, — aggiunse la fanciulla — quando io sarò a Udine cercherò di tuo marito e gli farò sapere la vostra orribile situazione.... Chi sa ch’egli non possa venire a trovarti e a portarti qualche sussidio.... Potrebbe gettarsi più su nelle acque del Tagliamento e arrivare qui a nuoto, come fanno quegli altri arditi della fortezza. —
Ma Rosina scoteva la testa e l’altra non osava continuare, perchè sentiva essa stessa che quella era una vana speranza! E, purtroppo, ella non aveva che lagrime per consolare l’immenso dolore di quella disgraziata che già presentiva tutti gli orrori