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ond’ella così sovente li contemplava. Più d’una volta ella si era dilettata a spiare il bottone della rosa, per cogliere l’istante in che esalava il suo primo profumo; ma sorprendere il primo lampo d’affetto nella creatura umana doveva essere assai più dolce. Assorta in codesti pensieri, i suoi occhi vagavano lieti sulla magnifica scena che, così camminando, le offriva il paese. Ivi il torrente scorre attraverso la vasta pianura, e la nuova e l’antica capitale del Friuli, l’una dirimpetto all’altra, campeggiano là sull’orizzonte a destra. Udine, vista da quel punto, appare maestosamente assisa a’ piedi delle Alpi col suo bel castello che guarda l’Italia. In fondo alla pingue campagna, che si stende fino al mare, si alza il campanile d’Aquileja, con la sua bruna guglia che sembra una piramide destinata a sfidar l’ira dei secoli. Le ridenti praterie della sinistra paiono distendersi fino alle colline che da Budrio vanno a Rosazzo; e la quantità di piccoli paesi seminati alle loro falde e le allegre casine campestri e i cipressi che qua e là ne incoronano le cime, dànno un aspetto pittoresco a quel lembo di paese, che lì, tutto ad un tratto, si spiega dinanzi allo sguardo del viaggiatore. Spesso nel tornarsene a casa ella si fermava in quel punto e con grande diletto vagava con lo sguardo innamorato ora per l’infinito spazio de’ cieli, ora per il bel panorama che le stava dinanzi. Una gioia segreta le balenava talvolta negli occhi, come se nel fondo del suo cuore si ridestasse qualche grande speranza che gli uomini e gli eventi avessero indarno tentato rapirlo. Allora la sua fisononia assumeva un’espressione di tanta felicità, che pareva inspirata. Ma ciò che lo innalzava l’animo non era nè lo spettacolo delle Alpi gigantesche che le si distendevano dinanzi a guisa d’anfiteatro, nè l’amena