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loro qualche bella canzoncina italiana, o qualche divota preghiera. Così, sempre beneficando, passò gradevolmente l’inverno, e parve che in grazia di quella vita semplice e di quelle dolci abitudini di campagna, le fosse a poco a poco rifiorita la salute, tanto la sua faccia era divenuta serena e lo sguardo vivido, come animato da una segreta speranza.


IX.

Il cannone di Marghera.


Non era ancora comparsa la primavera, ma già si sentiva diffuso nell’aria, come preludio, quel non so che di voluttuoso, ch’è forse il sospiro della terra innamorata verso il sole che deve farla germogliare e rivestirla d’un magnifico verde, e la signorina aveva ricominciato le sue liete passeggiate in riva al torrente. Spesso le allungava fino a un casale, dove una contadina sua amica allattava l’ultimo bambino dell’Oliva. Quella gita se l’era imposta come un dovere e le era diventata così cara, che soffriva se per caso un giorno n’era impedita. Usciva per solito mattiniera, portando seco qualche regaluccio per la balia, e camminava lesta lesta pensando al suo figlioccio, ch’ella ogni giorno vedeva crescere e farsi più grazioso, e anelava il momento di scoprire su quella faccina infantile la scintilla dell’intelligenza. Oh, sì, doveva presto comparire il raggio dell’anima in quei cari occhietti azzurri! E chi sa che il loro primo sorriso non fosse per lei! Chi sa che un giorno essi, dopo averla riconosciuta, non le ricambiassero l’amore