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più dotti non potrebbe persuadermi che sia ben fatto maltrattare quelli che soffrono! —
La Mariuccia allora cambiò discorso, e chiese notizie d’un loro vecchio zio, che quando vivevano insieme era sempre malaticcio.
— È morto — rispose mestamente Oliva. — Anche la povera zia Giustina è morta.
— Forse laggiù durante l’incendio?
— No, dopo: lui a Claujano, e la zia all’ospedale.... È un’orribile storia! Tu sai — ella continuò dopo un momento di pausa — che quando la nostra famiglia si divise, lui e la zia Giustina, sebbene non fossero maritati, fecero casa insieme. Coi loro risparmi avevano comprato a Jalmicco una casuccia di tre stanzette. La zia tesseva, e così se la campavano abbastanza bene. Ultimamente il pover’uomo era quasi sempre malato, e quando vennero gli Austriaci egli si trovava a letto e non poteva fuggire. La zia non volle abbandonarlo, e s’inginocchiò sulla porta della camera, sperando di commuovere a misericordia quei soldati. Oh sì, misericordia! Entrarono, lo tolsero nudo dal letto, lo gettarono da una finestra nel cortile e appiccarono il fuoco alla casa. Ella, raccolte le lenzuola, le coperte e quel che più potè di teli e di cenci, ravvolse alla meglio quel misero corpo tutto insanguinato e pesto e si sforzò di trascinarlo fuori dalle fiamme, in riva al torrentello che attraversa il villaggio. Alcuni fuggenti, impietositi dalle grida del disgraziato, lo trasportarono con loro a Claujano, dove morì narrando orrori da far rizzare i capelli. Ella rimase lì in paese alcuni giorni come impazzita a guardare l’incendio, e quando tornarono i nostri a cercar nelle rovine, la trovarono che non conosceva più nessuno. Teneva presso di sè alcuni pezzi mezzo