Pagina:Percoto - Sotto l'Austria nel Friuli, 1918.djvu/30


— 22 —

fatta dura la pelle, ch’io sarei stata capace mai d’affrontare i sarcasmi coi quali, appena passato il confine, si fanno tutti un dovere di punire la nostra sventura? Oh Dio! ma che cosa abbiamo fatto mai? Che cosa ha fatto, dico io, il nostro povero villaggio? In che mai possono avervi offesi questi meschini fanciulletti che ancora non sanno nemmeno parlare?

— Dicono, che vi siete dichiarati Italiani....

— Diamine! E voialtri, che cosa siete voialtri?

— Qui siamo imperialisti.

— Imperialisti? Oh sì! perchè su una via comune, che attraversa campi nostri e vostri c’è un vecchio termine di pietra che i ragazzi de’ due paesi avranno rovesciato almeno almeno un migliaio di volte! Ma dimmi, ti prego, come parlate, come vestite voialtri? Chi si prega e come si prega nelle vostre chiese? Io trovo che siamo tutti Cristiani e fratelli Italiani, perchè voi intendete me, io intendo voialtri, e preghiamo tutti insieme lo stesso Dio e la stessa Madonna nella medesima lingua. Invece quei cani di soldati, vedi, che sono venuti a incendiare le nostre case, bestemmiavano in una lingua che a noi poveretti pareva un urlare di bestie e avevano certi visi tutti differenti dai nostri. E bisogna credere che essi abbiano un altro Dio, un’altra religione, altrimenti non avrebbero osato commettere quegli orrori nella nostra chiesa!

— Eh, voi avrete ragione, — rispose la Mariuccia — ma vi so dire che qui la pensano ben altrimenti. Bisognerebbe che sentiste le belle prediche che fa su questo argomento il nostro bravo pievano!

— Oh, io non so di lettere, — conchiuse Oliva un po’ corrucciata — ma credo che tutto il latino dei