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un altro si trepida, e un terzo, spaventati, non abbiamo che lagrime.

Devi sapere che per molto tempo siamo stati all’oscuro di tutto, causa le comunicazioni interrotte. Ogni giorno allora io mi trascinavo in una solitudine romita sulle sponde del torrente e tendevo ansiosa l’orecchio al lontano rumoreggiare del cannone. Lo sentii venire da Custoza; lo sentii venire da Lissa; poi giunse la nuova del passaggio a Borgoforte. Indi non più giornali, non più lettere, ma un silenzio di morte e l’angoscia di un’ansia tremenda. Giorno e notte passavano di continuo i convogli della ferrovia carichi di truppe: vennero i feriti. A Udine perquisizioni, arresti, esilii, minacce. Capitavano le notizie degli orrori di Rovigo; voci di saccheggio e di estorsioni in altre città. Poi le requisizioni di buoi, di vino, di grani. Un giorno furono chiuse le porte di Udine, e dodicimila austriaci minacciarono il saccheggio, se entro sei ore non si dava loro, oltre il mantenimento, non so che ingente somma di denaro. In quel giorno il cappellano Spizzi era andato in città, e non ti so dire l’angustia nell’aspettarlo fino a notte tardissima. Finalmente cominciarono a sloggiare. Molti partirono coi convogli della ferrovia, ma molti si allontanarono a piedi in grosse colonne. Dodicimila si sono accampati di là dal torrente, facendo guasti orribili nella campagna e impossessandosi con la forza delle nostre mandre per un vasto tratto di paese all’intorno. Il mio povero villaggio ben venticinque bovi ha dovuto condurre al campo austriaco, oltre il vino ed altre cose: insomma ci hanno spogliati. Lo scoppio del ponte del Tagliamento, che fecero saltare in aria, ci avvertì che abbandonavano il paese con la paura di essere inseguiti, e si ritiravano a Gorizia con tutti i loro