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lità croata1 e che qui col ferro, col fuoco, colla rapina ha punito la nazionalità italiana. Dalla finestra della mia camera io ho veduto le fiamme che consumavano questo villaggio e tutte le sostanze dei suoi poveri abitanti; qua e là in diversi punti ho veduto contemporaneamente gl’incendi di altri villaggi ridotti per la stessa colpa alla stessa deplorabile condizione. Udivo le grida efferate e il briaco urlare dei soldati lanciati al saccheggio. Udivo poi più dappresso, sotto le mie finestre, i gemiti dei tapini sfuggiti alla strage con la sola vita e coi bambini in collo, e venuti a cercar ricovero nella mia villetta; udivo dalla lor bocca la narrazione degli orrori di quella notte spaventosa; degli animali rapiti, delle povere masserizie e delle sostanze saccheggiate, del denaro e degli oggetti di qualche valore predati e dalle mani sanguinose del soldato assassino depositati in salvo provvisoriamente a Gorizia al Monte di Pietà.... Monte di Pietà che in questa occasione si mostrò veramente pietoso! Udivo narrare (e in sèguito più di cento testimoni me lo han ripetuto) che i sacerdoti furono insultati, i sepolcri aperti e contaminate le ossa dei morti, che le sante reliquie, gli altari, le immagini furono deturpate, mutilate, che le mani sacrileghe si posarono sui vasi sacri. Dimandatene a questi poveri contadini, testimoni di quella notte e dei dì seguenti, e ad una voce vi diranno che la profanazione e il dileggio furono spinti

  1. «Noi dobbiamo avere il Banato ed i confini militari per incorporarli nel nostro nuovo regno slavo. I Tedeschi pertanto devono ritirarsi verso Nassan e la Germania, i Valacchi nella Valacchia e gli Ungheresi nell’Asia, e a quelli che non vogliono andarsene troveremo ben noi un luogo». Parole di Nugent al colonnello Blomberg (Ved. «Giornale di Trieste, n. 5, 16 ottobre 1848).