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224 conforti.

sera Manica tornò a casa col viso lustro d’allegria. Fortunata diceva invece:

— Per me sola non c’è conforto.

Alle volte ella avrebbe voluto essere come i suoi fratelli sotto l’erba del camposanto. Almeno quelli non tribolavano più, ed anche i genitori ci avevano fatto il callo, poveretti.

— Oh! il Signore non ci abbandonerà del tutto, — balbettava Arlìa. — Quella dell’uovo me l’ha detto. Ho qui un’ispirazione.

Il giorno di Natale apparecchiarono la tavola coi fiori e la tovaglia di bucato, e quest’anno invitarono lo zio prete ch’era la sola provvidenza che restasse. Il Manica si fregava le mani e diceva:

— Oggi si ha a stare allegri. — Pure il lume appeso al soffitto ciondolava malinconico.

Ci fu il manzo, il tacchino arrosto, ed anche un panettone col Duomo di Milano.