Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
camerati. | 187 |
Potevano essere le 10 — le 10 del mese di giugno, al sole. Un ufficiale s’era buttato come arso sull’acqua dove lavavano gli scopoli dei cannoni. Gallorini stava disteso bocconi contro il muro del cimitero, colla faccia sull’erba; là almeno, dalle fosse, nell’erba folta, veniva un po’ di frescura. Malerba, seduto per terra, s’ingegnava a legarsi come poteva la gamba col fazzoletto. Pensava al Lucchese, poveretto, che era rimasto per via, a pancia in aria.
— Tornano! tornano! — si udì gridare. La tromba chiamava all’armi. Ah! stavolta era proprio stufo Gallorini! Nemmeno un momento di riposo! Si alzò come una bestia feroce, tutto lacero, e afferrò il fucile. La compagnia si schierava in fretta, alle prime case del paesetto, dietro i muri, alle finestre. Due pezzi di cannone