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l’osteria dei buoni amici. 131

neppure al sor Domenico, il vinaio lì sulla cantonata, che era un uomo stagionato e facoltoso, e doveva sposarla. Tutta intenta al suo negozio, quella ragazza! Il sor Domenico stesso, alle volte, si muoveva a compassione del ragazzaccio, e gli dava il soldo ridendo. Tonino, rosso come un pomodoro, lo prendeva perchè dovevano essere cognati; ma gli cuoceva dentro, perbacco!

— Lavora! gli rinfacciava il sor Mattia. Fa quello che facciamo noi, poltronaccio! — E non si sarebbe mosso per cento lire dal suo posto, accanto al banco del pizzicagnolo, colle mani in croce sul bastone.

Gli amici, ogni volta che incontravano Tonino, gli dicevano:

— O scioccone! non vedi che ti tengono peggio di un cane? Fossi in te li pianterei, loro e il pane che ti fanno sudare.

L’Orbo aggiungeva che lui non voleva