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l’osteria dei buoni amici. | 123 |
sceva, gli disse burbero: — Torni domattina. Ha un bell’arnese di fratello, sa!
Poi Tonino escì a libertà, col cappelluccio sulle ventitrè. Alla sora Gnesa che piagnucolava e brontolava, rimbeccò:
— Orsù! finitela, mamma! Che son stufo, veh!
E accese la pipetta. La Barberina invece non voleva finirla. Gli strillava che era un boia, e loro marcivano sotto la tenda in Verziere per mantener il signorino in prigione e pagargli i vizi. Tanto che il fratello voleva darle due ceffoni, e fregarle quella sua faccia di pettegola colla sua stessa insalata, fregarle! In quella arrivò il babbo, e si rimise la pipa in tasca, mogio mogio.
— Brigante! cominciò il sor Mattia. Cattivo arnese! non vedi come si lavora noi, tua mamma, tua sorella e Ambrogio?