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porgere il suo generoso aiuto, affinchè questi, divenuti la più gloriosa parte del patrimonio nazionale, siano sistemati e custoditi degnamente, al pari dei nuovi che, con essi, per la necessità di conservare ogni cosa pubblicata nel Regno, rimangono qui a beneficio e a disposizione di tutta l’Italia.

Non già per un lavoro d’indole locale, simile a tanti per i quali furono altrove prodigate ingentissime somme tratte dal bilancio dello Stato, con discutibile utilità, ma per il più sacro e più caro fra i beni della Nazione, quello che fa fede della potenza morale di un popolo, si è dunque insistito nel chiedere al Governo che profittasse del sacrificio accettato con spirito italiano dal Comune, non implorante nulla per sè.

Spetta ora al Governo di provare col fatto come l’Italia nuova, congiunta dall’indissolubile vincolo unitario, non sia meno premurosa che gli antichi Stati di preservare da qualunque eventuale calamità e di custodire gelosamente, e con ogni maggior decoro, i necessari strumenti per il progresso delle lettere e delle scienze.

Indispensabile per la conservazione dei tre istituti fiorentini, la Biblioteca, l’Archivio di Stato e le Gallerie, che sono i più insigni d’Italia, quest’opera sarebbe degno compimento ad uno dei primi atti emanati a pro della Toscana dal Re liberatore, quando firmò il decreto del 22 Dicembre 1861, sottopostogli da Francesco De Sanctis, Ministro della Pubblica Istruzione, per effettuare la giusta idea, tenacemente sostenuta dal nostro sommo storico Atto Vannucci, della fusione della Palatina con la Magliabechiana.