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seco di ciascuno di essi? Per voler anzi che essa sia possibile, non è necessario distinguere prima in ciascun codice le varie tradizioni? Poiché, se il testo è vario nelle diverse cantiche, varia stima dovrà farsi di ciascuna di esse; se differisce da canto a canto, diversamente valuteremo ciascuno di essi. Se mischianza è nello stesso canto, bisognerà vedere in che misura v’è, né si potrà ad ogni modo da poche varianti scelte a priori e quindi a caso, giudicare della lezione di tutto il canto.

La conclusione della lettura fatta di questi recenti studi sul testo della Commedia è stata, che a voler stabilire una lezione che s’avvicini quanto più sì può all’originale, abbiamo una sola via sicura: distinguere i codici in famiglie. Date le condizioni speciali sotto cui si tramandò a noi il Poema dantesco, credo anch’io illusione che si possa formare dei codici rimasti un vero e proprio albero genealogico: ciò troverà ostacoli insormontabili nell’esser andati smarriti molti codici, e confuse in non pochi le varie tradizioni. Ma se la genealogia non si può esattamente fare, sarà sempre utile, e doveroso anzi per gli studiosi, determinare tutte le tradizioni manoscritte conservateci, distinguendo i codici in vari gruppi, dei quali si potrà sempre, sé più non esiste, ricostruire criticamente il capostipite. Anche al Moore par provata la possibilità di fissare alcune famiglie o gruppi di mss. ben distinti (p. XLIII e segg.); e gli esempi che ci han fornito il Moore stesso, e prima il Witte, e il Täuber poi, ci dan conferma di ciò. A conseguire però anche questo fine più modesto, occorre, io credo, che i confronti tra codice e codice siano fatti per intero e non rispetto a uno scelto numero di luoghi. La necessità di questo esame compiuto dei mss. della