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alla totalità o alla gran maggioranza degli altri, egli limitava a 17 il numero dei mss. che contengono il Poema in veste originale e primitiva. Sennonchè la critica fece poi di questo lavoro tal giudizio, da apparire che nessun vantaggio avrebbero potuto trarne gli studi.1 La mala riuscita di siffatto tentativo non giovò a convincere chi ancor dubitava, della opportunità di una classificazione dei codici prima di accingerci alla ricostituzione del testo della Commedia. Già il Witte era caduto per via dopo molti anni di fatiche; or cadeva quest’altro, che il metodo del celebre dantista alemanno aveva d’assai migliorato, allargando le ricerche da un canto dell’Inferno a più canti delle tre cantiche. Nè si vedeva accordo fra gli studiosi sulla miglior via per ritentare la prova. Il Mussafia voleva fino dal ’65 un esame dei codici «da un capo all’altro» e una «relazione esatta e completa», e ne dava esempio collo studio sui codici di Vienna e di Stoccarda;2 il Monaci dichiarava, due anni fa, che «per determinare le varie famiglie, non necessita punto quell’apparato completo di varianti che si domanda per il lavoro definitivo della costituzione del testo», 3, e faceva sopra un numero ristretto di luoghi collazionare i codici romani. In tali incertezze parve al Negroni esser questo metodo non più sicuro di quelli praticati fin qui nei vari secoli per la correzione del testo di Dante, e volendo determinare un mezzo di critica non personale e su-

  1. Cfr. specialmente l’articolo del dott. V. Rossi, Un nuovo lavoro sui codici della D. C., pubblicato nella Rivista delle Biblioteche, vol. II, pp. 41-44.
  2. Sul testo della Divina Commedia: I codici di Vienna e Stoccarda, Vienna 1865.
  3. Nota cit., p. 230.