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24 MARIO RAPISARDI

all’umanità); un impero che mette a capo dei suoi fasti il bombardamento di Parigi con relativo incoronamento e Tedeum; un impero, che sovrappone la caserma alla scuola, e minaccia risolvere col cannone i problemi più complessi e delicati della politica internazionale, è istituzione pericolosa all’ordinato svolgimento della civiltà e in aperta contraddizione con la coscienza dei nuovi tempi.

Il dilettantismo burbanzoso del bizzarro nipote del Conquistatore non fa che palesare le magagne e affrettare la trasformazione o la fine di tale impero. Chi civetta balordamente col papa (ahimè di questi civettamenti ci dà oggi un esempio vergognoso e pernicioso il governo italiano); chi domanda ai soldati mandati a giustiziare la Cina, di non fare prigionieri; chi garentisce all’assassino del Bosforo l’integrità territoriale e dichiara che tutto il popolo armeno non vale la vita di un sol corazziere tedesco, non può, anche quando inneggia alla Pace, anzi allora più che mai, se non tenere in continua diffidenza le altre potenze, dissipare le simpatie nazionali, costringere l’Europa a lasciarsi rodere dal cancro infame del militarismo.

Se un tal uomo non ha fin’ora trovato resistenze valide nel buon popolo tedesco, tranne i soliti armeggiamenti dottrinari del socialismo, bisogna ammettere che il prestigio militare ha pur troppo, molta prèsa nella nazione che l’Alfieri definì «una caserma», e che il miraggio di univer-