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18 MARIO RAPISARDI

scono i professori, e a servigio di costoro si moltiplicano e s’inventano le cattedre e le scienze. Nella facoltà di medicina abbiamo i microscopisti e i vivisettori. Chi ha da insegnare zoologia fa corsi annuali sul tenia, sul bacillo virgola. I giovani escono dall’Università, e per tutta zoologia sapranno di quante specie è il tenia, di quante vertebre è composto, quanti uncini e quanti peli ha. Evviva la specializzazione! Barbara voce e barbaro metodo. Poi ci sono gli sbuzzacani e gl’inforna-conigli. E queste ce la dànno per fisiologia! La specializzazione è la putrefazione della scienza. I vermi trionfano. E i ciarlatani. Nella facoltà di lettere abbiamo i filologi: peste delle pesti. Squartano le parole e le sillabe: grammatica e metrica con pompa ciarlatanesca; non altro: son buoni a far cento lezioni sul dativo dinamico! E poi ci meravigliamo che i giovani aborrano il greco e il latino. E ci s’empie la bocca di paroloni grossi su la decadenza degli studi classici. Sfido io. Santi giovani, e un po’ pecore, se vogliamo! Se avessero un po’ di argento vivo, li farebbero ballare codesti insegnanti di radici e di suffissi! E la letteratura italiana? Prima c’erano i professori estetici e i professori patriotti. Ignoranti un po’, se dio vuole, ma uomini e galantuomini, dalla cui scuola è uscito tutto quanto ora abbiamo di meglio nella letteratura. Ora abbiamo i critici del metodo storico filologico. Cronisti e archivisti, aridi e miserabili. Adesso la data, il quarto d’ora, la notiziola biografica,